Da un articolo di Allen Z. Hertz, dottorato di ricerca.
Da oltre 60 anni c’è una accanita discussione a proposito del rifiuto della maggior parte degli arabi e dei musulmani di accettare la legittimità e la permanenza di Israele come stato ebraico indipendente nel Medio Oriente. Yasser Arafat e Mahmoud Ahmadinejad hanno negato che gli ebrei siano un popolo nel contesto della dottrina politica e legale moderna dell’autodeterminazione dei popoli.
Tuttavia, c’è un’enorme quantità di testimonianze archeologiche e storiche che dimostrano che il popolo ebraico --- come il popolo greco o i cinesi Han --- è tra i più antichi popoli del mondo. Ed è ben noto che il popolo ebraico ha oltre 2.500 anni di storia continua, con un’identità soggettiva-oggettiva che, in ogni secolo, ha mantenuto un legame con la terra tra il fiume Giordano ed il mar Mediterraneo. Ad esempio, la Bibbia ebraica, i Vangeli cristiani ed il Corano testimoniano tutti il collegamento tra il popolo ebraico e la sua patria storica.
Come altri popoli, il popolo ebraico ha il diritto all’autodeterminazione. Benché l’autodeterminazione del popolo arabo sia espressa attraverso 21 paesi Arabi, Israele è la sola espressione dell’autodeterminazione del popolo ebraico, che ha, più di chiunque altro, il diritto ad essere considerato indigeno nel territorio ad ovest del Giordano. Quindi il popolo ebraico è indigeno in Israele nello stesso modo che, in Canada, certe Prime Nazioni sono ritenute indigene nelle loro terre ancestrali. Ed è da notare che la Corte suprema del Canada ha deciso che, dove gli indigeni mantengono il loro legame storico con il paese, il diritto indigeno può sopravvivere sia ai cambiamenti di sovranità sia al flusso delle nuove popolazioni risultante dalle conquiste straniere.
A questo proposito, è essenziale riconoscere che il Medio Oriente ha sempre avuto una popolazione ebraica significativa, compresi alcuni ebrei che, in ogni secolo, hanno continuato a vivere ad ovest del Giordano. Oggi, molti dei figli e delle figlie di questi ebrei mediorientali sono cittadini di Israele, dove sono stati raggiunti da ebrei di molti altri paesi. Benché alcuni pensatori occidentali accettino oggi l’idea di una nazione-stato come patria di un particolare popolo, non c’è ragione di prender di mira Israele, perché la stragrande maggioranza degli stati moderni sono patria di un particolare popolo, ad esempio il Giappone, l’Italia o i 21 paesi della Lega Araba.
Israele ed i circa 30 altri paesi moderni sono tutti stati successori dell’impero ottomano musulmano, che per 400 anni (1516-1920) fu la potenza principale nel Vicino e Medio Oriente. A parte i turchi dominatori, la popolazione ottomana era composta da parecchi grandi gruppi etnici, tra cui greci, armeni, curdi, arabi ed ebrei. Per secoli, questi ebrei vissero in grandi numeri in varie città ottomane --- tra cui Costantinopoli, Salonicco, Damasco, Aleppo, Mosul, Baghdad, Bassora, Tiberiade, Hebron, Safed, Giaffa e Gerusalemme.
Alla fine di ottobre 1914, l’impero ottomano decise di entrare nella prima guerra mondiale per combattere contro il Regno Unito ed i suoi alleati. Quando le fortune della guerra cominciarono a favorire l’esercito inglese, il Regno Unito affrontò la questione di che cosa fare delle terre ottomane multinazionali, alla luce sia degli interessi inglesi del momento che della dottrina liberale dell’autodeterminazione dei popoli del 19mo secolo. A questo proposito, il padre del sionismo politico moderno, Theodor Herzl, nel suo manifesto del 1896 Der Juden Staat, aveva già proclamato che gli ebrei, benché vivessero in molti luoghi diversi in tutto il mondo, per quanto riguardava l’autodeterminazione costituivano un solo popolo.
Nell’ottobre 1917, il consiglio dei ministri inglese adottò, come scopo bellico dichiarato, la creazione di un paese completamente nuovo chiamato Palestina, che sarebbe stato la “patria nazionale del popolo ebraico.” Questo fu fatto per aiutare a realizzare l’autodeterminazione del popolo ebraico sulle sue terre ancestrali; per ottenere il supporto ebraico per lo sforzo bellico alleato nella Russia rivoluzionaria e negli USA; e per aiutare gli inglesi a coprire meglio il fianco orientale del canale di Suez, che era allora l’ingresso principale nell’India Britannica. L’ intenzione di creare questa patria nazionale ebraica in Palestina fu annunciata al mondo nella Dichiarazione Balfour del novembre 1917.
Mentre la Gran Bretagna lavorava per sconfiggere i turchi ottomani, il mondo cominciò anche a sentir parlare delle rivendicazioni nazionali del popolo arabo. Qui si ricordano le imprese belliche di Lawrence d’ Arabia e del principe Hashemita Feisal ibn Hussein, entrambi presenti alla conferenza di pace di Parigi del 1919-1920. Là, potenti rifelettori furono accesi sulla autodeterminazione dei popoli, comprese le rivendicazioni del popolo arabo.
Tuttavia, nessuno aveva mai sentito parlare di un popolo arabo palestinese a se stante. Se ci fosse stato tale popolo, il principe Feisal, il presidente americano Woodrow Wilson, il primo ministro francese Georges Clemenceau, il primo ministro inglese David Lloyd George ed altri lo avrebbero saputo. Questa valutazione è confermata da ingenti testimonianze locali e petizioni raccolte nel 1919 dalla King-Crane Commission americana, che disse al Presidente Wilson che gli arabi intorno al Giordano rifiutavano assolutamente qualunque piano per creare un nuovo stato chiamato Palestina. Al contrario, gli arabi locali perseguivano entusiasticamente la creazione di un nuovo stato arabo unitario che controbilanciasse l’allora provincia ottomana della Siria, che per secoli aveva compreso i moderni Siria, Libano, Giordania e Israele.
La conferenza di pace 1919-1920 a Parigi aveva il compito di soddisfare gli interessi politici degli Alleati vittoriosi e delle potenze associate con le rivendicazioni dell’autodeterminazione di popolazioni ben note che avevano lunghe storie di autoaffermazione nazionale ed amara sofferenza sotto l’oppressione straniera. Così, venivano presi in considerazione problemi difficili e aggrovigliati che toccavano l’autodeterminazione di popolazioni famose come i cinesi, i polacchi, i tedeschi, i finlandesi, i lettoni, i lituani, gli estoni, i cechi, gli slovacchi, i serbi, gli sloveni, i croati, gli italiani, gli ungheresi, i rumeni, i bulgari, i greci, i turchi, i curdi, gli armeni, gli arabi e gli ebrei. In questo contesto più ampio, una decisione tra molte fu la creazione di un paese interamente nuovo chiamato ‘Palestina’ come “patria nazionale per il popolo ebraico.”
La decisione internazionale di costituire "una patria nazionale per il popolo ebraico" fu la sola ragione per la creazione nel 1922 della 'Palestina' che, sotto l’egida della Lega delle Nazioni, fu amministrata dagli inglesi fino al maggio 1948, quando Israele dichiarò l’indipendenza. I decisionisti alla conferenza di pace di Parigi del 1919-1920 sapevano che la Palestina inizialmente non avrebe avuto una popolazione a maggioranza ebraica. Tuttavia, la decisione internazionale di creare la Palestina come 'patria nazionale per il popolo ebraico' fu presa non tanto sulla base della demografia locale, ma in riconoscimento del diritto indigeno del popolo ebraico e dei legami continuativi con la terra intorno al Giordano, oltre che con riguardo a considerazioni più ampie di demografia, storia, politica e giustizia sociale che erano sia globali che mediorientali. C’era quindi una scelta consapevole di far riferimento --- non solo agli 85.000 ebrei che vivevano là all’epoca --- ma anche al passato, presente e futuro di 14 milioni di ebrei in tutto il mondo,compresi 1 milione di ebrei che vivevano nel Vicino e Medio Oriente.
La non creazione di una patria nazionale ebraica in Palestina avrebbe significato negare al popolo ebraico una parte nella spartizione del multietnico impero ottomano, dove gli ebrei vivevano da secoli, compresi alcuni ad ovest del Giordano. Ugualmente avrebe significato che gli arabi avrebbero ricevuto quasi l’intera eredità ottomana. Quel risultato sarebbe stato inaccettabile per David Lloyd George, Woodrow Wilson ed i loro pari, perché essi capivano chiaramente che la rivendicazione alla autodeterminazione del popolo ebraico non era meno importante di quella del popolo arabo.
I partecipanti alla conferenza di Parigi credevano fortemente di aver fatto giustizia anche alle rivendicazioni del popolo arabo, che avevano liberato da 400 anni di dominazione turca ed aiutato sulla strada dell’indipendenza con la creazione o il riconoscimento di parecchi nuovi stati arabi sul territorio che prima era soggetto al sultano ottomano. Inoltre, la decisione di creare una patria nazionale ebraica in Palestina non ebbe come risultato lo spostamento di alcun arabo. Al contrario, dal 1922 fino al 1948, la popolazione araba della Palestina fu quasi triplicata, mentre la popolazione ebraica fu moltiplicata otto volte. Il successivo problema dei profughi arabi (circa 736.000) dalla Palestina e dei profughi ebrei (circa 850.000) dai paesi arabi emerse solo dal maggio 1948, quando gli arabi locali si allearono con parecchi stati arabi confinanti per scatenare una guerra per sterminare gli ebrei che vivevano tra il Giordano ed il Mediterraneo.
Come i greci o i cinesi Han, il popolo ebraico ha mantenuto lo stesso nome e identità nazionale soggettiva-oggettiva, in tutti i secoli, fin dall’antichità. Per contrasto, i primi passi verso una distinta identità araba palestinese soggettiva-oggettiva furono mossi solo dopo che la comunità internazionale aveva già creato un nuovo paese chiamato ‘Palestina’ che doveva servire da “patria nazionale per il popolo ebraico.” Quindi la continua identità nazionale soggettiva-oggettiva del popolo ebraico e la creazione della patria nazionale ebraica in Palestina erano entrambe condizioni preliminari per la successiva evoluzione di una distinta identità "arabo-palestinese" soggettiva-oggettiva. Questa sequenza logica ci ricorda che la storia della Palestina (1922-1948) e l’esistenza di fatto del moderno Israele sono spiegabili solo perché l’identità nazionale soggettiva-oggettiva del popolo ebraico, ed il suo continuo legame con le terre ad ovest del Giordano precedono di circa 2.500 anni la formazione di una distinta identità arabo palestinese soggettiva-oggettiva e qualunque rivendicazione araba palestinese articolata di un ipotetico stato arabo palestinese che, in effetti, non è mai esistito.
Quindi, verso la fine del 20mo secolo, i leader arabi mancarono di riconoscere il diritto all’autodeterminazione di un popolo arabo palestinese a se stante. Per esempio, come leader arabo principale alla conferenza di pace del 1919-1920 a Parigi, il principe Feisal accettò specificamente il piano di creare la Palestina come "patria nazionale per il popolo ebraico."
E, decenni dopo, i governi di Giordania ed Egitto mostrarono quanto poca considerazione avessero per l’autodeterminazione di un popolo arabo palestinese a se stante; dapprima rifiutando il piano ONU del 1947 per la spartzione della Palestina in due nuovi stati indipendenti, uno ebraico e l’altro arabo; e secondo, non creando loro un nuovo stato arabo palestinese tra il 1949 ed il 1967, quando l’Egitto teneva la striscia di Gaza e la Giordania amministrava Gerusalemme est e la West Bank.
Questa analisi non nega l’attuale esistenza di un popolo arabo palestinese a se stante; né sostiene che tale popolo sia senza diritti. Piuttosto la conclusione è che ci sono diritti da tutte le parti, e che ci dovrebe essere un processo pacifico che rispettosamente riconcilii i diritti del popolo arabo palestinese con i diritti antecedenti del popolo ebraico.
(Da: Jerusalem Post, 13.04.09)
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